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I benefici dell’allenamento: non solo estetica

Con lo stile di vita e le abitudini dei popoli, cambia anche l’epidemiologia delle patologie che li colpisce. Al giorno d’oggi, infatti, le malattie infettive, un tempo causa estremamente diffusa di morbilità e mortalità, risultano avere un impatto molto minore sulle condizioni di salute della popolazione generale Occidentale.

Tuttavia, stanno prendendo sempre più piede le cosiddette “patologie del benessere”, ossia quelle malatte che derivano da uno stile di vita votato agli eccessi, a causa del benessere economico. Proprio per questo motivo, uno dei problemi attualmente più impattanti sotto questo punto di vista è il sovrappeso, e, nei casi più estremi, l’obesità. Le cause di ciò sono molteplici, ma i punti chiave sono due: la sedentarietà ed il surplus calorico.

Un’altra conseguenza del benessere è il fatto che la popolazione risulta essere sempre più longeva: la vita media, in Italia, è arrivata ad essere superiore agli 80 anni. Questo comporta, dal punto di vista epidemiologico, un sensibile aumento dell’incidenza delle patologie tipiche dell’anziano, quali ad esempio l’osteoporosi, di cui parleremo più avanti nel corso dell’articolo.

A fronte di ciò, è necessario cambiare totalmente la visione di cosa possa esser definito “sano”: non possiamo più guardare solo a ciò che ci fa stare bene nel presente o nell’immediato futuro, ma dobbiamo ragionare anche sul lungo termine.

Per tutti i punti sopracitati, c’è un fattore protettivo inattaccabile, talvolta utilizzabile anche come strumento terapeutico: l’ESERCIZIO FISICO.

Chi si allena in palestra, solitamente, viene visto come un “pompato tutto muscoli e niente cervello”, interessato unicamente all’aspetto esteriore. Tuttavia, l’estetica è solo uno degli innumerevoli aspetti migliorabili dall’allenamento. Un corpo muscoloso ed allenato, infatti, è sinonimo di salute e benessere in quasi tutti i casi (ovviamente escludiamo i casi in cui il soggetto assume sostanze anabolizzanti, i cui effetti collaterali, a breve, medio e lungo termine, sono l’antitesi della salute e della longevità).

Muscoli più forti, ossa meno fragili

Partendo dai benefici più immediati, risulta evidente quanto, seguendo un adeguato protocollo personalizzato, come quelli che noi di Sport is Medicine forniamo mensilmente ai nostri clienti, tutti i distretti muscolari ne traggano giovamento.

Si nota un incremento del trofismo muscolare: si parla di ipertrofia muscolare, sia a livello sarcoplasmatico che a livello miofibrillare. Entrambi i tipi di ipertrofia sono fondamentali, seppur differenti, e portano ad un importante cambiamento estetico, soprattutto nei neofiti, ossia le persone che si sottopongono per la prima volta ad un protocollo allenante.

Dal punto di vista neurale, si assiste ad un miglioramento della forza e della contrazione muscolare, oltre che della stabilità e della coordinazione architetturale del corpo: la postura migliora, sia in posizione statica che durante il movimento, e i riflessi rispondono meglio.

Secondo gli ultimi studi in materia di biochimica muscolare, un muscolo, quando si contrae, rilascia un ormone chiamato irisina. Questo ha due target: la cellula adiposa e la cellula ossea.

Quest’ultima, quando stimolata, prolifera, aumentando la densità ossea. Vi sono numerose evidenze scientifiche secondo cui, proprio grazie agli effetti benefici di questo ormone e del carico meccanico, che stimola direttamente la formazione di nuovo tessuto osseo, l’allenamento con sovraccarichi è in grado di prevenire e migliorare drasticamente le condizioni di osteoporosi.

L’osteoporosi è una delle patologie attualmente più impattanti dal punto di vista epidemiologico, in particolare nelle donne in età post-menopausale, nelle quali si osserva un calo fisiologico della secrezione di estrogeni.

Nonostante l’osteoporosi sia una condizione parafisiologica, dal momento che la perdita di calcio progressiva che la causa è fisiologica con l’avanzare dell’età, rendendo l’osso più fragile, determina un aumento consistente del rischio di fratture patologiche, in particolar modo di collo del femore, vertebre ed omero, e, con esse, della mortalità dell’anziano.

La correlazione con l’aumento della mortalità è dovuta al fatto che, con l’avanzare dell’età, il sistema immunitario perde progressivamente di efficienza: per questo motivo, l’ospedalizzazione è un importante fattore di rischio per gli anziani, che rischiano gravi complicazioni per infezioni che invece, in soggetti perfettamente immunocompetenti, risulterebbero facilmente curabili.

Muscoli più forti, maggiore libertà a tavola

Come precedentemente accennato, l’irisina ha come suo target anche il tessuto adiposo.

Il tessuto adiposo presente nel corpo umano è di due tipi: bianco e bruno. Il tessuto adiposo bruno è molto abbondante nel neonato e progressivamente, con la crescita, diminuisce: l’organismo adulto ne conserva solo reliquati. Esso ha, come sua funzione principale, quella di produrre calore in risposta a basse temperature (termogenesi indotta dal freddo).

L’irisina si è dimostrata in grado di trasformare i precursori degli adipociti bianchi, quelli maggiormente presenti nell’adulto e privi di tale funzione termogenica, in adipociti bruni, attraverso un processo detto “browning”. La trasformazione di tessuto adiposo bianco in bruno, a fronte dei meccanismi appena descritti, permette di aumentare sensibilmente il dispendio calorico.

Inoltre, il muscolo è una fornace che permette di bruciare a riposo gli acidi grassi. L’organello deputato a questo processo è il mitocondrio, la cui densità aumenta all’aumentare della massa magra del soggetto.

In media, una persona allenata assume più calorie rispetto ad una di pari età, sesso e condizioni di salute, ma non allenata, pur mantenendo una percentuale di massa grassa uguale o minore. Ciò è permesso dal fatto che, a riposo, la sua massa muscolare gli “regala” un metabolismo più veloce, per i meccanismi sopra descritti.  

L’energia fornita dai cibi assunti con la dieta viene veicolata primariamente agli organi nobili, che necessitano di supporto energetico: cervello, cuore, fegato, reni. La restante parte, ritrovandosi  “vagante” nel torrente ematico, ha di fronte un bivio: o l’essere accolta nel tenero abbraccio dell’adipocita (cellula adiposa), oppure attraversare le grinfie fameliche ossidative del miocita (unione di cellule formanti una fibra muscolare).

Il miocita risulta essere quindi il principale rivale dell’adipocita nella captazione di nutrienti dal torrente ematico: se il soggetto ha una buona massa muscolare, questi saranno veicolati principalmente al miocita.

Questo ha una membrana cellulare che esprime, sulla superficie esterna, dei canali, chiamati GLUT-4, che permettono l’ingresso del glucosio dal torrente ematico alla cellula, ed hanno una particolarità: sono insulino-dipendenti.

Dopo che è avvenuta la digestione dei carboidrati introdotti con la dieta, si alza la glicemia nel torrente ematico. Ciò induce il rilascio, da parte del pancreas, di insulina, ormone ipoglicemizzante e anticatabolico, che, nel periodo post-prandiale, si lega ai GLUT-4. L’insulina è quindi la chiave per la serratura che apre le porte del miocita, ossia i canali GLUT-4. Più è alto il numero di fibre muscolari, maggiore è il sequestro del glucosio dal torrente ematico. Ed è con questo “trucchetto” che il muscolo sequestra il glucosio dall’invitante abbraccio dell’adipocita. L’esercizio fisico è quindi in grado di migliorare la sensibilità insulinica: si rivela così essere un ottimo alleato nella prevenzione di una delle malattie metaboliche più diffuse, il diabete di tipo II.

Mens sana in corpore sano

Ma l’allenamento rende forti solo a livello muscolo-scheletrico? No! E noi di Sport is Medicine lo abbiamo sperimentato nel corso degli anni. Ciò che abbiamo verificato sulla nostra pelle (e sui nostri studi di Medicina), si trova in accordo con la letteratura scientifica: l’allenamento ha effetti strabilianti anche sul cervello!

Secondo uno studio effettuato dalla facoltà di Scienze Motorie dell’Università della Georgia, con soli 20 minuti di allenamento con i pesi si è riscontrata una facilitazione dei processi di elaborazione delle informazioni e della memoria.

Inoltre, esso permette di migliorare il tono dell’umore, svolgendo una vera e propria azione antidepressiva, e della qualità del sonno, ristabilendo la regolarità dei cicli NREM-REM durante la notte: questo è fondamentale per la salute sia del nostro corpo che del nostro sistema nervoso.

Potenziando le sinapsi, ossia i collegamenti tra i neuroni, permette anche di migliorare la funzione esecutiva e decisionale. Per tale scopo, sono molto efficaci gli allenamenti a circuito, dove il cervello è quasi “obbligato” a seguire percorsi precisi e pre-costruiti, aumentando l’efficienza del focus attentivo.

Nuove sinapsi sono sinonimo di plasticità neuronale, e quest’ultima, per il cervello, è sinonimo di longevità: nuovi collegamenti tra i neuroni hanno un vero e proprio effetto anti-aging, e costituiscono un fattore protettivo per diversi tipi di demenze!

Risulta essere potenziata anche la via neurale di conduzione degli impulsi: per contrarre un muscolo, è necessario attivare un pathway specifico di conduzione. Se questo viene sfruttato adeguatamente e con costanza, ne vengono garantite l’efficienza e la regolare funzionalità.

In soggetti allenati, si riscontra anche un sensibile abbassamento della pressione arteriosa: tale parametro vitale, se eccessivamente alto,  costituisce un fattore di rischio per le microemorragie cerebrali, che, seppur piccole, con il tempo possono condurre a demenza progressiva.

Costanza e diligenza negli allenamenti determinano anche un forte miglioramento della circolazione sanguigna, con conseguente abbassamento del rischio di ictus cerebrale.

Muscoli più forti, non è finita qui

Anche il sistema respiratorio trae beneficio da un regolare allenamento, in particolare da quello basato su circuiti ad alta intensità (HIIT- High Intensity Interval Training). Ciò permette di potenziare la capacità di scambio di gas nei polmoni e con i tessuti periferici. 

Le evidenze scientifiche sono presenti e ben convalidate. La nostra domanda ora è la seguente: da che distretto muscolare vogliamo iniziare l’allenamento? Ti aspettiamo!

Alessandra Patti
Studentessa di Medicina & della XWOMAN Academy e Membro dell’American College of Sports Medicine

Pietro Carlomagno
Dottore in Medicina e Chirurgia, Bodybuilder e Fitness Coach

“Chi dorme non piglia pesci”: e se non fosse proprio così?

Statisticamente, l’uomo trascorre circa 1/3 della sua vita a dormire: a meno di condizioni patologiche, inerenti sia alla deprivazione che alla sovrabbondanza dello stesso, al sonno sono dedicate in media 8 ore, delle 24 di cui è composta una giornata.

E’ forse tempo sprecato? Scopriamolo insieme!

Cronotipi del sonno

Nella popolazione, esistono tre differenti cronotipi (determinati geneticamente dal gene CLOCK), che descrivono le varie attitudini all’addormentamento:

  1. Normali (60% della popolazione): vanno a letto alle 23:00 e si risvegliano alle 7:00; la loro “post-sleep waitfulness”, ossia l’intervallo di tempo in cui un individuo, pur essendo fisicamente sveglio, non è pienamente connesso, dura 15-30 minuti (valore fisiologico).
  2. “Gufi” (20%): andrebbero a dormire alle 3-4 di notte, per svegliarsi poi in tarda mattinata. Il problema è che, nella realtà quotidiana, non riescono a seguire questi ritmi, per cui si svegliano ugualmente alle 7:00, rimanendo più a lungo nella post-sleep waitfulness (anche qualche ora).
  3. Allodole” (10%): andrebbero a dormire alle 20:00, per poi svegliarsi alle 4-5 del mattino.

Lo stile di vita odierno, nemico di un sonno di qualità

Purtroppo, al giorno d’oggi, lo stile di vita frenetico influisce negativamente sia sulla quantità che sulla qualità del sonno. Non abbiamo tempo, e abbiamo infinite cose da fare: qual è l’unico modo per riuscire a gestire tutto? Dormire meno. Eppure, questa è la scelta peggiore possibile.

Oltre a questo palese nemico del sonno, ne abbiamo di ulteriori, più subdoli. Analizziamoli insieme.

Le bevande ad alto tenore di caffeina (il caffè in primis, ma anche tutte le altre bibite stimolanti), se consumate in cronico, alla lunga, comportano difficoltà nell’addormentamento. La veglia, infatti, dipende dalla concentrazione e dalla saturazione dei recettori dell’adenosina: più questi sono saturi, più abbiamo sonno. Questa saturazione viene meno se abbiamo in circolo un’alta concentrazione di trimetil-xantine, classe di molecole cui fanno capo anche teina e caffeina, che spiazzano l’adenosina dai suoi recettori e abbassano la tendenza del nostro organismo all’addormentamento.

Un altro aspetto, non di secondaria importanza, è la stimolazione delle connessioni retiniche da parte di luci LED e neon dei cellulari, che comportano attivazioni fuori controllo dei nostri circuiti sonno-veglia, portando a stravolgimenti nella produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale. Per questo motivo, per ristabilire i corretti cicli sonno-veglia, si consiglia di eliminare qualsiasi stimolo eccitatorio luminoso almeno nell’ora precedente all’addormentamento. Riusciresti a resistere? Prova, e verificane i benefici!

La deprivazione di sonno, perché evitarla

È esperienza comune quanto la deprivazione di sonno comporti innumerevoli problemi e squilibri, sia dal punto di vista metabolico che da quello legato alla sfera più profondamente umana, dell’umore e della lucidità mentale. Sicuramente avrai sperimentato gli effetti ed i sintomi legati ad una mancanza di sonno più o meno marcata: sfidiamo chiunque a definirli piacevoli e/o vantaggiosi, dal punto di vista della qualità di vita.

Dal punto di vista metabolico-energetico, si sperimenta un calo del recupero mentale e fisico, che compromette tutte le attività giornaliere. Inoltre, il tono dell’umore e la lucidità mentale vengono altamente compromessi, tanto da rendere irascibili anche gli animi più pacati. Il tutto a causa della mancanza di sonno.

Risulta così evidente come la deprivazione di sonno, che potrebbe sembrare la soluzione per far fronte a tutte le incombenze della nostra quotidianità, è in realtà il modo migliore per ottenere un importante calo della performance, in tutti gli ambiti, nonché della qualità della vita.

Il sonno, valido alleato per l’apprendimento

Oltre ai più conosciuti benefici della buona quantità e qualità del sonno (energie, umore e similari), sono riscontrabili anche ottimi risultati per quanto riguarda l’apprendimento e l’effetto anti-aging sul cervello.

Le ore di sonno, infatti, sono necessarie per attuare una riorganizzazione delle informazioni acquisite durante il giorno.

Il processo di apprendimento si snoda attraverso l’acquisizione, la rielaborazione e lo stoccaggio di ciò che l’individuo impara durante la giornata. Tutti noi siamo costantemente bombardati da informazioni, su tutti i fronti della nostra vita, che vengono incamerate nel nostro cervello.

Il problema è che l’uomo, fisiologicamente, per apprendere nuove nozioni, deve eliminare quelle superflue e di minor importanza, visto che la quantità di contenuti assimilabili dal nostro cervello è limitata. A tal proposito, il sonno di buona qualità garantisce il “wash-out” del superfluo ed il fissaggio delle informazioni importanti.

Inoltre, le ultime ricerche hanno dimostrato che anche una singola notte insonne determina un incremento esponenziale dell’accumulo di beta-amiloide. L’accumulo di questa proteina è causa di diverse forme di demenza: la deprivazione di sonno aumenta quindi esponenzialmente il rischio di sviluppare demenza in età avanzata.

Il sonno, fondamentale per la regolazione ormonale

Un buon sonno è fondamentale anche per la corretta regolazione della secrezione ormonale.

In primo luogo, il sonno inibisce la secrezione di cortisolo, l’ormone dello stress. Questo permette di ottenere, fisiologicamente, durante il sonno, una caduta della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, quindi uno stato di riposo dell’organismo. Fisiologicamente, il cortisolo agisce come iperglicemizzante (alza la concentrazione di glucosio nel sangue) e catabolico: insieme al glucagone, fa parte della classe di ormoni anti-insulinici. È quindi fondamentale, insieme all’adrenalina, in tutte le reazioni attacco-fuga, ma, se non viene quotidianamente inibita la sua produzione per un adeguato periodo di tempo (evento che, come precedentemente detto, avviene durante il sonno), ha azione pro-infiammatoria sui tessuti.

Inoltre, il GH, ormone fondamentale per la crescita e la sintesi proteica, ha un picco di secrezione intorno alle 2:00 di notte. Esso agisce sugli epatociti, ossia le cellule del fegato, stimolandoli a secernere IGF1 ( o somatomedina). L’IGF1 è un ormone con azione pro-proliferativa e anti-apoptotica sulle cellule, i cui recettori sono presenti ovunque nel nostro corpo, anche se i tessuti maggiormente stimolati sono quello cartilagineo e quello muscolare.

Negli ultimi anni si è notato che le ore di sonno di qualità e l’obesità sono tra loro inversamente proporzionali: durante le ore di sonno, si ha maggiore secrezione di leptina (ormone della sazietà), a discapito della grelina (ormone della fame). Una prova di ciò risiede nel fatto che chi soffre di insonnia, durante le ore notturne passate in veglia, soffre di attacchi di fame incoercibili.

Dieta, sonno e allenamento: tridente per una vita all’insegna della salute

A questo punto, siamo sicuri che avrai iniziato a porti qualche domanda su come migliorare la qualità e la quantità del tuo sonno. Ebbene, esistono specialisti che si occupano solo di ciò; tuttavia, la terapia di prima linea che impostano è sempre di tipo comportamentale.

Oltre ai consigli già forniti nel corso dell’articolo, ce ne sono alcuni riguardanti i campi di cui noi di Sport is Medicine siamo specialisti: alimentazione ed allenamento.

Per quanto riguarda l’allenamento, è dimostrato che la quantità di attività fisica praticata durante il giorno è un elemento chiave per migliorare il sonno: più attività fisica svolgi nel corso della giornata, più il tuo corpo sarà propenso a rilassarsi completamente di notte, addormentandosi con maggiore facilità.

L’esercizio fisico regolare aiuta infatti a far fronte allo stress quotidiano e a migliorare il sonno, riducendo e regolarizzando le transizioni tra i cicli e le fasi dello stato onirico.

Una regolare attività fisica, svolta almeno 45 minuti per 3-4 volte alla settimana, è fondamentale per fornire regolarità e qualità alle tue ore “sotto le coperte”.

Non esiste un momento ideale universale per svolgere attività fisica, ma, in linea di massima, è consigliato svolgerla almeno 3-4 ore prima di andare a letto.

Per quanto riguarda l’alimentazione, ci sono diversi accorgimenti che possono aiutare sotto questo punto di vista. È ormai evidente da molti anni quanto una cena ricca di carboidrati favorisca il sonno. Questo perché essi determinano un aumento dei livelli di glucosio nel sangue, il quale compete con il triptofano (precursore della serotonina) per entrare nelle cellule. In questo modo, rimane più triptofano in circolo, e quindi può entrare in maggiori quantità nel cervello e, successivamente, essere trasformato in serotonina, che aiuta a regolare meglio i ritmi sonno-veglia.

Ovviamente la cena, allo stesso tempo, non deve essere esageratamente calorica, al fine di scongiurare gli spiacevoli episodi di maldigestione e di disturbi gastrointestinali.

Spesso, nelle palestre, ci troviamo ad ascoltare lamentele di coloro che si allenano duramente, i quali, nonostante dieta ed allenamento ben strutturati, non riescono ad ottenere i risultati che vorrebbero. E se la causa fosse proprio la mancanza di sonno? Ebbene, potrebbe: un buon sonno garantisce un’ottima spinta anabolica sul sistema muscolare. 

Se vuoi scoprire come portare al massimo la qualità delle tue giornate e del tuo sonno in modo sinergico, contattaci ed impara con noi come far fruttare al meglio ogni aspetto della tuo routine quotidiana!

Alessandra Patti
Studentessa di Medicina & della XWOMAN Academy e Membro dell’American College of Sports Medicine

Pietro Carlomagno
Dottore in Medicina e Chirurgia, Bodybuilder e Fitness Coach